LA SITUAZIONE NEL
MEDITERRANEO ALLA VIGILIA DEL CONFLITTO
Francesco Pavolini
Ci si può domandare quale fosse la situazione del Mediterraneo all’inizio del conflitto mondiale per la nostra Marina. e per quella britannica.
La risposta non può essere che una: la preponderanza inglese era fortissima. Il Mediterraneo, da oltre 130 anni era un dominio della marina di Sua Maestà britannica.
Gli inglesi avevano raggiunto questa situazione di dominio incontrastato attraverso un’opera portata avanti pazientemente, con l’insediamento nei luoghi strategici più importanti del bacino mediterraneo.
Il primo acquisto fu diretto al controllo dell’allora unico accesso all’oceano: le mitiche Colonne d’Ercole, oggi più comunemente conosciuto come lo Stretto di Gibilterra.
L’insediamento britannico avvenne nel 1715, con il trattato di Utrecht, che riconobbe, appunto, il possesso della Rocca agli inglesi. Come si è detto, l’acquisto di Gibilterra assicurava l’unica porta d’ingresso e d’uscita dal Mediterraneo, però i britannici con lo stesso trattato ottennero anche l‘isola di Minorca nelle Baleari con la quale si poteva controllare il bacino occidentale di questo mare. Ma mentre Minorca fu restituita alla Spagna con il trattato di Amiens del 1802, Gibilterra dopo quasi due secoli è ancora una colonia britannica. Nonostante che gli inglesi abbiano ormai perso la quasi totalità di un impero che si estendeva su di un terzo delle terre emerse del globo e su di un quinto della popolazione mondiale, non sembra , al presente che vogliano cederla alla Spagna, anche se le ragioni principali del loro possesso da molti decenni non esistono più.
Ma perché i britannici erano tanto interessati al Mediterraneo?
La risposta è che attraverso il Mediterraneo passava la rotta per l’ India che per la vastità del territorio e per la numerosissima popolazione costituiva la gemma più splendente di un impero che era il più grande che mai fosse esistito nel mondo.
In quest’ottica la Gran Bretagna aveva . in seguito, acquisito il possesso dell’isola di Malta, strappata ai francesi durante la spedizione di Napoleone in Egitto e che questi ultimi avevano a loro volta occupata togliendola all’Ordine di San Giovanni che la deteneva dal 1530 come feudo concesso dall’imperatore Carlo V. Gli inglesi si guardarono bene al congresso di Vienna del 1815 di restituire Malta ai legittimi possessori o in second’ordine al Regno delle due Sicilie a cui sarebbe spettata in quanto i cavalieri erano feudatari di questo regno.
Nello stesso periodo occuparono e tennero per un lungo periodo anche le isole Jonie. Per la precisione le isole rimasero in mano britannica fino al 1863, quando, scaduta la loro importanza a causa delle mutazioni avvenute sul continente, furono cedute alla Grecia. Così si accontentavano gli irredentisti che fin dai tempi di Giovanni Capodistria avevano anelato al ricongiungimento di queste isole alla madrepatria greca.
A questo proposito voglio ricordare che il nostro illustre poeta Ugo Foscolo, invocando la sua nazionalità jonia da parte materna, era riuscito ad emigrare in Inghilterra dove appunto terminò i suoi giorni terreni.
La Grecia nel momento in cui ottenne il possesso delle isole jonie s’impegnò a non costruire fortificazioni, né a cedere o permettere che altre potenze potessero costruire basi militari sulle stesse. Fu quindi, un grave motivo di attrito tra l’Italia e la Gran Bretagna quando Mussolini, in seguito all’assassinio da parte dei greci del generale Tellini, capo della missione italiana che doveva definire i confini greco-albanese, decise di bombardare e far occupare Corfù dalle nostre truppe nell’agosto 1923.
Un altro acquisto essenziale per il controllo della rotta per le Indie fu il Canale di Suez, amministrato da una società anglo-francese. Con questo insediamento ed il protettorato sull’Egitto gli unici due sbocchi del Mediterraneo Gibilterra e Suez erano in possesso degli inglesi.
L’ultimo acquisto - ma è solo un modo di dire, perché gli inglesi non hanno mai comprato niente -
fu l’isola di Cipro strappata alla Sublime Porta con il Congresso di Berlino del 1878. In realtà il possesso di Cipro fu giustificato principalmente come un baluardo contro l’espansionismo zarista verso il porto di Alessandretta .Resta però il fatto che anche Cipro veniva ad inserirsi in quella rete di capisaldi che proteggevano la rotta verso l’impero ed il controllo del Medio oriente.
L’unica potenza che poteva contrastare la preponderanza inglese era la Francia , ma purtroppo questa nazione sempre sconfitta per mare e per terra dai figli di Albione si era ridotta ad un ruolo secondario accontentandosi dei domini coloniali sulla costa magrebina.
In seguito, come contentino fu data alla Francia per compensare l’acquisto di Cipro , il permesso d’insediarsi a Tunisi , concessione ottenuta sempre dal già citato congresso di Berlino.
Anche in Africa la Francia era stata sconfitta dall’Inghilterra dopo un lungo periodo di rivalità culminato con l’episodio di Fascioda .In questa località il capitano Marchand che aveva guidato una spedizione da Brazzaville e si era insediato sul Nilo in territorio sudanese fu costretto ad abbandonare l’insediamento ed a ritornare in territorio francese, dopo una crisi che aveva portato la Francia e l’Inghilterra sull’orlo di un conflitto nell’anno 1898.
In definitiva possiamo, quindi dire che allo scoppio delle ostilità, la Gran Bretagna aveva fatto del Mediterraneo un proprio dominio. Erano, infatti, sotto controllo britannico: Malta , Cipro, il porto di Alessandria ed i due accessi all’oceano rappresentati da Gilbilterra e Suez.
E l’Italia, quali erano i suoi rapporti con la Gran Bretagna dopo la crisi del 1936, che aveva visto lo schieramento nel Mediterraneo della Home Fleet e le sanzioni.? In realtà dopo questi episodi c’era stato un riavvicinamento delle posizioni tra i due paesi, per opera del governo Baldwin. Gli inglesi, in particolare, temevano che Franco cedesse le Baleari come basi all’Italia e ciò, dal punto di vista britannico, sarebbe stata una minaccia intollerabile per la sicurezza nel bacino occidentale.
In quest’ottica, dopo uno scambio di note diplomatiche si arrivò ad un trattato detto “gentlemen agreement” firmato il 2 gennaio 1937, in cui le due potenze ribadivano l’interesse vitale che avevano nel Mediterraneo e s’impegnavano a mantenere lo “status quo”. L’accordo anglo-italiano fu visto con favore anche dalla Francia che temeva, a sua volta, che Franco concedesse delle basi agli italiani nel Marocco Spagnolo. Fu così che i “machiavellici” italiani che si stavano dissanguando per sostenere la guerra di Franco non ebbero, da questo loro impegno, nessun vantaggio che potesse migliorare la loro posizione strategica navale.
L’anno dopo, con il cosiddetto accordo di Pasqua, fu rinnovato e rinforzato con otto protocolli annessi, il trattato del “gentlemen agreement”. Di fatto si ribadiva il concetto che l’Italia non poteva creare basi militari in territorio spagnolo e che alla fine della guerra civile avrebbe ritirato le proprie truppe .In cambio l’Inghilterra s’impegnava al riconoscimento dell’annessione dell’Etiopia, cosa che avvenne il 16 novembre 1938, seguita dalla Francia il 19 dello stesso mese.
Questa era ,quindi, la situazione dell’Italia alla vigilia dello scoppio della guerra
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Non si erano trovate nuove basi strategiche, né si erano costruite le portaerei che avrebbero supplito, almeno in parte, alla mancanza di porti amici nel Mediterraneo. A tutto questo si aggiungerà la mancanza del rilevamento radar. Altri errori strategici si avranno durante il conflitto con la mancata occupazione di Malta e della Tunisia.
Tutti questi errori e queste mancanze saranno purtroppo esiziali nella condotta di guerra della nostra marina .